RADICI - OLIO SU TELA 70x50 SANDRO GRITTA

RADICI - OLIO SU TELA 70x50

MADONNA DI MEDJUGORJE

sabato 30 aprile 2011

OMAGGIO A PAPA GIOVANNI PAOLO II

01 MAGGIO 2011 - BEATIFICAZIONE DI PAPA GIOVANNI PAOLO 2°
OLIO SU TELA 35X50 SUPPORTO IN LEGNO
AUTORE SANDRO GRITTA

martedì 15 marzo 2011

COMBATTERE LA SPECULAZIONE

MOVIMENTO INTERNAZIONALE CENTO E PIU' ARTISTI UNITI PER IL MONDO
Un messaggio a tutti i membri di MOVIMENTO INTERNAZIONALE CENTO E PIU' ARTISTI UNITI PER IL MONDO

PREFAZIONE
E’ l’alchimia dell’Arte che ha permesso al Movimento Nazionale di affermare con decisione “LA NASCITA E LO SVILUPPO DI UNA REALTA”. L’artista “VERO” è colui che utilizza le Nobili Arti, senza pensieri né desiderio di perfezione, ciò che brama è l’affermazione della sua presenza, come possibilità di conoscenza e di equilibrio armonico, tra l'individuo e la natura, tra l'individuo e la società, sulla base di una vera conoscenza di sé.
 L’artista “VERO” non ha bisogno di “Aggiungere” o “Togliere” nulla all’Arte, poiché si serve della moltitudine delle influenze culturali per costruire la sua “differenza”.
 L’artista “VERO”porta la sua espressione al di fuori dei confini dell’area, che lo contraddistingue e privilegia il contatto con le altre realtà , con le quali si confronta senza mai perdere la sua peculiarità.
 L’artista “VERO” comunica movimento e dinamismo attraverso il suo comportamento nei confronti delle discipline umane e artistiche che affronta, a beneficio dello spettatore, che partecipa attivo dalla genesi al risultato finale.
1. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” si prefiggono indi come principale interesse, il mondo dall’Arte, quel mondo che si stacca prepotente dal solo “apparire”, ma che “penetra” in contatto stretto con la profonda interiorità dell’anima.
2. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” ricercano, sperimentano e verificano pratiche artistiche di pensiero e di studio, volte alla scoperta dell'uomo e delle sue molteplici potenzialità.
3. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” dichiarano l'intento di cooperare a una riaggregazione omogenea della cultura italiana che si presenta al momento attuale come frammentata e tragicamente conflittuale. Da qui la consapevolezza di dare “vita” a un Gruppo Unito per “Riappropriarsi” dei valori più volte “Usati” anziché “Stimati”.
4. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” vogliono adottare la metodologia di un rapporto di collaborazione fra “Produttori” di cultura e Istituzioni al fine di prevenire e combattere l'asocialità, l'isolamento, la depressione e, la Terribile “Noia”!
5. COMBATTERE LA SPECULAZIONE E VIETARLA ALL’INTERNO chiunque facente parte del Movimento tenti o ne comprometta il buon nome con richieste di denaro per qualsivoglia motivo, verrà espulso immediatamente per INDEGNITA’!
6. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” gridano a alta voce : E’ ORA DI DIRE BASTA! Rifiutano e si ribellano a qualsiasi forma di speculazione, adottata e gestita dagli “intrallazzatori professionisti” che speculano sull’Artista. E’ ORA DI DIRE BASTA, Alle continue richieste di denaro, provenienti dalle varie “Associazioni” “Gruppi” o Pro Loco “Specializzate” che organizzano esposizioni collettive o estemporanee con premi acquisto spesso “concordati e fasulli”.
7. I “Cento e più Artisti Uniti per il Mondo” insieme all’importante sostegno della Politica Nazionale, Regionale e Provinciale con lodevole riconoscimento al Comune di Cerreto Laziale per la saggezza e intuizione nel rispetto delle tradizioni popolari e dell’Arte considerata “Sacra,” collabora per la divulgazione della stessa, ospitando e ponendo a disposizione spazi Espositivi, nelle piazze centrali del paese, per Esposizioni Collettive, Estemporanee e Concorsi a Premio, inoltre Strutture pubbliche per mostre Personali, (Sale Consiliari, Scuole ecc..) Ospitalità e Pubblicità, tutto a COSTO ZERO PER L’ARTISTA.
8. Crediamo al Progetto “Arte e Scuola, Arte a Scuola” Fondato nell’anno 2003 dal M° Orlando Serpietri con l’obbiettivo di avvicinare le realtà generazionali all’Arte per
Unire anziché Separare.
9. Noi vogliamo esaltare Il Movimento Nazionale, spazio d’incontro libero, in cui la passione per l’Arte ha unito 450 benemeriti Artisti di diverse nazionalità e culture, elementi essenziali della nostra “poesia”.
10. Noi vogliamo inneggiare il “Vero” Artista che tiene i colori stretti nella propria mano, mezzo ideale che attraversa la Terra senza confini, per poi lanciarli sulla tela, per esprimere la propria affermazione, ferma nel tempo e, atta a trasformarsi in arte, l’arte “vera che apre i confini costruttivi, multietnici e multiculturali.
11. Noi viviamo già “Il Credo dell’Eterno Creatore-Creato in un tutt’uno”, glorificando l’Arte infrangendo le barriere del limite alla trasgressione per esprimerci interamente e liberamente a testa alta.
12. Noi Collaboratori Prescelti dal Presidente, con la Carica di “Delegati Corrispondenti” e con la facoltà di decadere dall’incarico in qualsiasi momento, sia per nostra o per volontà del Presidente, condividiamo in serenità le regole del Manifesto. In fede sottoscriviamo:
Direttore Mario Serpietri Pittore (Mario S.)
Delegati Corrispondenti : M° Mario Caddeo Pittore e Storico dell’Arte - Andrea Colusso Scultore/Scenografo - Patrizia Lanzafame Pittrice - Maurizio Revello Pittore - Maura Saviano Pittrice – Massimo Leoni Pittore – Mario Schironi Pittore/Giornalista – Gino Meddi Pittore, Ercole Bolognesi Pittore, Roberto Bonino Pittore.
Cerreto Laziale li, giorno 21 del mese di Febbraio 2009
Il Manifesto:
Redatto dall’Artista Emanuela Di Stefano con la collaborazione del
Presidente Orlando Serpietri

giovedì 24 febbraio 2011

CHE COS'E' L'ARTE CONTEMPORANEA

Che cos’è l’arte contemporanea?
di Susanna Janina Baumgartner
Un ciclo di incontri sull’arte contemporanea, dal titolo Che cos’è l’arte contemporanea, ha portato un vasto pubblico al PAC grazie alla collaborazione fra Assessorato alla Cultura di Milano e ACACIA – Associazione Amici Arte Contemporanea.

I quattro appuntamenti (il prossimo e ultimo si terrà il 17 febbraio) hanno avuto inizio il 13 gennaio con l’attesissimo critico e storico dell’arte Germano Celant che ha dato una possibile visione “apocalittica” di un’arte senza scampo. Un’arte che vede nel mantenimento del soggettivo e di un’estrema individualità la possibilità di un’offerta e quindi di un progetto che possa essere anche veicolo di positività nel creare relazioni, ma che si trova poi a essere promozione turistica e coloniale di mondi vergini, come ad esempio i deserti arabi, diventando quindi un mezzo per esaltare nuovi centri di potere.

Si creano quindi musei grandiosi che diventano luoghi di attrazione, consumo e seduzione, mentre le opere diventano cartoline rappresentative del prestigio di una città per un’arte che sia funzionale come la moda. Persino il Vaticano, conscio del potere propagandistico dell’arte, ha deciso di proporre, per la biennale del 2011, opere di Anish Kapoor e Bill Viola; così come gli sceicchi che coniugano anche per l’arte fede e potere.

Vi è un procedere omogeneo da nord a sud e da est a ovest. La preoccupazione di Celant, rispetto alle istituzioni che desiderano occuparsi dell’arte, è che vi siano operazioni commerciali di cattiva qualità. La scelta delle opere andrebbe sempre fatta con specialisti qualificati e con la preziosa collaborazione di galleristi e collezionisti.

Se prima vi era, come ha detto Maurizio Cattelan in un’intervista a Francesca Bonazzoli apparsa sul «Corriere della Sera» di martedì 3 febbraio (in occasione dell’apertura a Palazzo Reale della mostra Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione), il tempio del mercato, ora che è crollato, vi saranno finalmente artisti più coraggiosi. E dopo il protagonismo delle case d’asta e dei curatori è arrivato il momento giusto per gli artisti di prendere posizione: «Da troppo tempo gli artisti producono e non dicono.» Quello che bisogna evitare è che l’arte ideologica diventi didascalica, quindi, come ha osservato anche Celant, bisogna evitare che le opere diventino propaganda.

Carolyn Christov-Bakargiev, direttore artistico della XIII edizione di Documenta a Kassel (2012) ha sottolineato quanto oggi sia necessario imparare ad orientarsi fra differenze e complessità senza perdere la possibilità di agire, sapendo però allontanarsi da una circolarità del mondo dell’arte che può diventare, e per forza di cose diventa se non sa e non può allargare i propri orizzonti, passività.

L’esperienza dell’arte è e deve essere attiva e le opere devono essere autonome. Si va verso quello che non si capisce. Il già capito è passato o si è già trasformato in altro. Anche per Carolyn entra in campo la parola coraggio che si sposa con la parola arte e artista, perché non si deve avere paura di collegare la cosiddetta cultura alta con la cultura bassa, in un momento in cui, per effetto della globalizzazione, l’arte è ovunque. Non si deve sentire tanto la necessità di uno spirito del tempo (Zeitgeist), ma piuttosto la necessità di un atteggiamento cosciente e responsabile, perché tutto non sia solo intrattenimento. Attraverso un’emancipazione personale, bisogna giungere a considerare l’aspetto sociale. Come Joseph Beuys, bisogna credere negli uomini e nell’energia creativa: «L’unica forza rivoluzionaria è la forza della creatività umana.»

Quello che più mi colpisce è che proprio nell’era della simultaneità, più che della velocità, si rischi paradossalmente un arresto e una visione stereotipata di un’immagine costruita a priori per esigenze ideologiche o di mercato. Non tutto è relativo, esistono valori ai quali si sta ritornando e che rappresentano i nuovi punti di riferimento; qualunque cosa creativa verrà da dove ci sono motivazioni.

Come scrive Giorgio Agamben in Che cos’è il contemporaneo?: «Ma che cosa vede chi vede il suo tempo, il sorriso demente del suo secolo? … Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio. Tutti i tempi sono, per chi ne esperisce la contemporaneità, oscuri. Contemporaneo è, appunto, colui che sa vedere questa oscurità, che è in grado di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente.»

Ma bisogna prima comprendere che cosa significa «vedere una tenebra», «percepire il buio». Non è una forma di inerzia o di passività, ma implica un’attività e un’abilità particolare.

L’astrofisica contemporanea da una spiegazione del buio; quel che percepiamo come il buio è in realtà luce che viaggia velocissima verso di noi e che tuttavia non può raggiungerci, perché le galassie da cui proviene si allontanano a una velocità superiore a quella della luce. Anche per Agamben essere contemporanei è, innanzitutto, una questione di coraggio; il coraggio di percepire nel buio del presente questa luce che cerca di raggiungerci e non può farlo.
Pubblicato da Susanna Janina Baumgartner

mercoledì 19 gennaio 2011

MICHELANGELO MERISI "CARAVAGGIO"

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, nasce a Milano nel 1571. Si forma presso la bottega del pittore Simone Peterzano nella città di Milano dove recepisce i modi di due tradizioni diverse: da un lato il realismo lombardo, dall'altro il rinascimento veneto, con il quale viene in contatto quando Peterzano lo porta con se in alcuni viaggi a Venezia, dove conosce l'arte del Tintoretto.
A vent'anni si trasferisce a Roma, prima presso Lorenzo Siciliano, di seguito presso Antiveduto Gramatica, poi presso il Cavalier d'Arpino.
Costui gli affida l'esecuzione di quadri di genere, rappresentanti fiori o frutta, genere disprezzato dagli accademici del tempo perchè ritenuti soggetti inferiori rispetto a dipinti in cui venivano rappresentate figure umane. Egli inventa un suo particolare repertorio dipingendo giovani presi dalla strada, messi in posa, accompagnati da cesti di frutta, calici e oggetti di vetro.
Tra i primi dipinti dell'artista c'è il Bacchino malato, oggi alla galleria Borghese di Roma, dipinto nel 1591 circa, che viene considerato un autoritratto eseguito nel periodo in cui fu ricoverato in ospedale per malaria; inoltre, del primo periodo della sua attività sono: il Ragazzo morso da un ramarro, il Giovane con cesto di frutta e Bacco degli Uffizi. Rivela la sua predilezione per soggetti popolareschi e musicali nei dipinti come I bari, La buona ventura, Il suonatore di liuto. Esemplare è il Canestro di frutta, oggi a Milano alla Pinacoteca Ambrosiana, in cui rappresenta gli oggetti così come sono in realtà: la foglia secca, la mela bacata, senza cercare di abbellire la natura , ma rappresentandola così com'è.
Il suo primo quadro di figure, dipinto nel 1595 circa, è il Riposo durante la fuga in Egitto, nel quale è chiaro il richiamo ai grandi maestri bergamaschi e bresciani come Savoldo, Lorenzo Lotto e Moretto. Ma è altrettanto evidente il richiamo alla cultura romana dimostrato dall'angelo rappresentato di spalle che è il perno dell'intera composizione. In questo periodo abbandona la bottega del Cavalier d'Arpino e passa sotto la protezione del cardinal Francesco Maria Del Monte che lo immette in un ambiente culturale molto più stimolante, esegue infatti in questo periodo Testa di Medusa, San Giovanni Battista, L'amore vittorioso, Giuditta e Oloferne.
La sua maturazione verso uno stile personale è evidente soprattutto nei dipinti della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma per la quale esegue tre dipinti: la Vocazione di San Matteo, il Martirio di San Matteo e San Matteo e l'angelo. Con il Martirio di San Matteo ha inizio la poetica caravaggesca del rapporto luce-ombra che poi si svilupperà nelle opere successive. Nel dipinto rappresentante la Vocazione di San Matteo il racconto è immerso nella realtà del tempo, con personaggi con abiti moderni. La luce è l'elemento caratterizzante l'intera opera. E' una luce soffusa che entra da una finestra fuori scena sulla sinistra illuminando il braccio del Cristo che emerge dall'ombra sulla destra. Il taglio della luce conduce l'occhio dello spettatore da destra verso sinistra, dal gruppo di personaggi al gesto di Cristo.
Del dipinto rappresentante San Matteo e l'angelo esistevano due versioni, ma il primo fu rifiutato dai committenti perchè rappresentava un San Matteo popolano in atteggiamento ritenuto scandaloso all'epoca. Oggi questo dipinto è andato perduto. Prima di compiere quest'opera Caravaggio riceve la commissioni per altri due dipinti per la cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo: Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Il pittore interpreta i due avvenimenti sacri come fatti semplicemente umani eliminando ogni richiamo a schemi prefissati.
Successivamente esegue per la chiesa di Santa Maria in Vallicella la Deposizione, oggi alla pinacoteca Vaticana. La composizione ha una struttura piramidale che ricorda le composizioni michelangiolesche.
Esegue in questo periodo opere come la Madonna dei Pellegrini la Madonna dei Palafrenieri e la Morte della Vergine per Santa Maria della Scala in Trastevere, che fu rifiutata dai committenti per ragioni di decoro, oggi infatti il dipinto si trova al museo del Louvre.
Tra il 1606 e il 1607 Caravaggio vive nella città di Napoli, qui si conservano alcune sue importanti opere: la tela con Le sette opere di Misericordia, conservata al Pio monte di Misericordia e La flagellazione di Cristo, conservata al museo di Capodimonte.
Nel 1608 Il pittore si trova a Malta dove viene nominato cavaliere, il gesto rappresenta una riabilitazione per la vita sregolata dell'artista che dovette fuggire da Roma dopo aver ucciso un uomo durante una rissa. Qui esegue quella che è la sua tela più vasta: la Decollazione del Battista. La scena è piuttosto spoglia, rappresenta un ambiente squallido, con colori spenti.
Dopo essere stato espulso dall'ordine dei cavalieri di Malta fugge a Siracusa dove dipinge il Seppellimento di Santa Lucia e anche in questo caso, come nelle successive opere realizzate a Messina: La resurrezione di Lazzaro e l'Adorazione dei pastori, confermano la sua tendenza a lasciare grandi spazi vuoti su tele di dimensioni notevoli.
Nel 1609 è dinuovo a Napoli dove viene ferito gravemente, qui esegue opere come Davide con la testa di Golia e Salomè con la testa di Battista.
Nel 1610, sulla spiaggia di Port'Ercole, dove era in attesa di rientrare a Roma per ricevere la grazia, viene arrestato e incarcerato per 2 giorni, perchè scambiato per qualcun'altro, perdendo così tutti i suoi averi. Due giorni dopo sulla stessa spiaggia, cercando di recuperare le sue cose, morì; di " febbre maligna", come scrive il Bellori. Era il 18 luglio del 1610 Caravaggio non aveva ancora 39 anni, pochi giorni dopo arriverà la grazia con il permesso di ritornare a Roma
da "www.storiadell'arte.com"